Prima di trattare l'argomento principale di questo sito sono necessarie alcune premesse di metodo, la cui definizione è opportuna per spiegare il senso di certe scelte che potranno apparir estreme e poco concilianti rispetto ad una prassi alla quale io stesso per un certo periodo ho aderito.
Come si avrò modo di precisare ulteriormente, la nobiltà non è altro che un diritto e, come tale, assieme a tutti gli altri diritti di cui è titolare l'individuo, contribuisce a definirne lo status, il ruolo sociale, la posizione di questo nella collettività.
Ora, la scienza giuridica è, assieme all'economia, la regina delle scienze sociali, ossia di quelle discipline che non solo hanno il compito di descrivere la vita sociale degli uomini, ma inevitabilmente anche di regolarla secondo determinati principi. Ecco dunque che, fra tutte le scienze non esatte, diritto ed economia sono inevitabilmente condizionate dall'opzione morale di chi tali scienze contribuisce a "farle", sia esso il Presidente del Consiglio tramite l'iniziativa legislativa, un magistrato tramite le proprie sentenze, o un irrilevante giurista come chi scrive in questo momento tramite la propria dottrina.
E' importante capire questo irriducibile fondamento delle scienze sociali perché, al netto di qualunque impostazione retorica di pretesa indipendenza e terzietà, ciò spiega come esse non siano MAI NEUTRE, ma pesantemente condizionate - come detto - dalla impostazione morale e dunque filosofica di chi di esse si occupa.
Per fare un esempio che sia chiaro, è evidente che chi muove da una posizione morale di tipo elitista ed esclusivo si sentirà più a proprio agio in un contesto giuridico conservatore e non troppo democratico, e sarà attratto da una visione economia liberista che dunque favorisce l'arricchimento di pochi a discapito della maggioranza. Viceversa, chi muove da opzioni morali di tipo socialista e keynesiano tenderà a tratteggiare l'ordinamento giuridico in modo che garantisca la socializzazione del potere, tanto giuridico quanto soprattutto economico.
Ora, io non ho tempo né voglia di scrivere un trattato di filosofia del diritto, ma posso dire che negli anni che ho dedicato a studiare la materia oggetto di queste pagine mi sono fatto idee ben precise su determinati istituti giuridici fondamentali, idee naturalmente che riflettono la mia opzione morale di vita e dunque - come giurista - di quale debba essere il ruolo dello Stato e del diritto. Su molti di questi aspetti la dottrina degli "esperti" di nobiltà, ordini cavallereschi e fregnacce simili - sovente non giuristi, mi permetto di dire - va in direzione contraria a quello che vi dirò. Ma c'è chi, e non sono pochi, la pensa come me, soprattutto tra gli operatori del diritto che hanno la fortuna di non essere ammalati di nobiltà e dunque di non dover essere costretti a sostenere l'insostenibile solo perché serve a perpetrare l'esistenza di un ceto nobile in Italia.
E proprio perché chi vuole difendere per forza certe idee nobiliari muove da una precisa opzione morale, non lo si convincerà mai del contrario con semplici argomentazioni giuridiche. Questo non vuol dire che si tratti di una persona cattiva: in questi anni ho avuto la possibilità di conoscere da vicino persone squisite, corrette e scrupolose sostenitrici tuttavia di teorie nobiliari per me insostenibili per non dire rivoltanti.
Ho dunque deciso di esprimere le mie opinioni in questa pagina in maniera inusualmente apodittica in quanto qualunque argomento persuasivo che vada al di là della semplice spiegazione logica sarebbe del tutto inutile. Chi muove da una certa impostazione morale capirà, chi non capirà è perché ha scelto - anche solo per pigrizia o per paura, comunque sempre legittimamente .- un'altra impostazione di vita, dei rapporti sociali, insomma un altro modo di stare al mondo. Convincerlo del contrario è dunque compito non di un avvocato, ma di un maestro spirituale, e a quest'ultimo non potrei far altro che indirizzarlo, con i migliori auguri. Fornirò comunque in calce ad ogni voce adeguata bibliografia per chi avrò voglia di apprendere dalle fonti quello che vada dicendo, nonché sincerarsi del fatto che non solo il solo a dire certe cose.
Gli argomenti base credo siano essenzialmente tre:
- Il rapporto tra sovranità e nobiltà
Il redattore di questa pagina ritiene fermamente che la sovranità debba appartenere SOLO agli Stati,
Il perché lo capite vedendo questo video qui, che con la nobiltà non centra una fava ma vi fa capire a cosa serve la sovranità: https://www.byoblu.com/2019/04/02/ci-stanno-disarticolando-sara-una-guerra-lunga-e-dura-luciano-barra-caracciolo/
Detto in poche parole, solo se la sovranità appartiene esclusivamente agli Stati si può avere libertà di popolo, ossia la possibilità di decidere per noi stessi e per la dignità sociale della nostra nazione.
Detto questo, e siccome il potere di conferire titoli nobiliari e onorificenze cavalleresche è un attributo della sovranità, il curatore di questa pagina ritiene che SOLO gli Stati possono conferire titoli e distinzioni cavalleresche, ossia quei sistemi premiali che hanno un valore di diritto pubblico.
Qualunque deviazione da questo principio deve essere VIVAMENTE SCORAGGIATO DAGLI ESPERTI DI DIRITTO NOBILIARE e DURAMENTE REPRESSO COME UN ABUSO DA PARTE DELLO STATO, in quanto concorre a disarticolare l'esclusività del potere sovrano in capo ai singoli ordinamenti nazionali. Naturalmente parlo di sistemi premiali di diritto pubblico, ferma restando la totale libertà di farsi conferire qualunque altro sistema premiale purché senza riconoscimento da parte dello Stato. Sono dunque salvo scouts, massoni, consorterie varie.
- I diritti dei sovrani spodestati e dei loro discendenti a conferire titoli e distinzioni cavalleresche.
Il redattore di questa pagina, dopo uno spoglio pressoché integrale della manualistica italiana di diritto pubblico internazionale, e di una parte non irrilevante di quella estera, può dire in piena coscienza che NON ESISTE ALCUN PRINCIPIO DI DIRITTO INTERNAZIONALE SECONDO PER CUI AGLI EX RE E I LORO DISCENDENTI DEBBA ESSERE RICONOSCIUTA LA FONS HONORUM.
Chi sostiene il contrario, o è un romantico che crede ancora alle favole, o è un ignorante, o è un truffatore in mala fede. Le prime due categorie sono bene accette in questa pagina, che è fatta anche per loro. La terza che giri alla larga per favore.
Da questo si evince che non c'è alcun principio vincolante per lo Stato italiano a riconoscere - come implicitamente sta facendo adesso - alle famiglie ex regnanti italiane la potestà di conferire onorificenze cavalleresche. E mi riferisco a TUTTE le famiglie ex regnanti, abbiano esse perso il trono prima o dopo il Congresso di Vienna. Da questo punto di vista, PARI SONO.
L'affermazione giurisprudenziale di queste prerogative è una MEFITICA INVENZIONE DELLE NOSTRE MAGISTRATURE a partire dai primi del Novecento, unita ad una interpretazione assolutamente errata della legge n. 178 del 1951 sugli ordini cavallereschi.
In forza di ciò, qualunque titolo nobiliare o cavalleresco conferito da dinastie spodestate VALE ZERO, in quanto non in grado di incidere sullo status giuridico del ricevente, così come definito dall'ordinamento statale.
- La sovranità del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Il redattore di questa pagina ritiene che L'ORDINE DI MALTA NON SIA SOVRANO, ossia manchi dei requisiti minimi perché posa configurarsi come Stato e dunque possedere l'attributo della sovranità. L'Ordine di Malta ha perso la propria sovranità, estinguendosi come Stato, quando lasciò l'isola di Malta. Ciò che è venuto dopo non è altro che un ente di diritto canonico rivivificato quasi ex novo nell'Ottocento.
Dal punto di vista del diritto pubblico, l'attuale ente denominato Ordine di Malta è dunque soltanto un ente "sui generis" di diritto internazionale a cui alcuni Stati hanno voluto benevolmente riconoscere talune prerogative che usualmente si riconoscono nei rapporti tra enti sovrani, prerogative che beninteso potrebbero essergli tolte in qualunque momento senza violare alcun principio generale.
E siccome, per quanto si sia visto riconoscere una qualche forma di personalità giuridica internazionale, l'Ordine di Malta non è un ente sovrano, QUALUNQUE QUALIFICA NOBILIARE O CAVALLERESCA DA ESSO PROVENIENTE, IN QUANTO ENTE NON SOVRANO, E' DEL TUTTO PRIVA DI VALORE.
Questo riteneva uniformemente la dottrina giuridica europea finché, anche qui, una MEFITICA INVENZIONE DELLE MAGISTRATURE ITALIANE NELLA PRIMA META' DEL NOVECENTO non ha favorito l'affermarsi di una pressi contraria che, si badi bene, E' ANCORA OGGI CONTESTATA E PER NULLA PACIFICA IN DOTTRINA.
E questo vale vieppiù con il concludersi della vicenda afferente la riforma dell'Ordine nel settembre 2022. Le nuove Costituzioni affermano chiaramente la natura funzionale della sovranità melitense, strumentale al dispiegarsi degli scopi assistenziali dell'Ordine. Si deve quindi ritenere che per tutto ciò che esula tale ristretto ambito, sia oramai lo stesso Ordine a dichiararsi "non sovrano", e ciò vale anche per i riconoscimenti nobiliari ora pacificamente degradati ad attestazioni di un ordine religioso qualunque senza personalità internazionale alcuna in materia.
Per quanto riguarda i primi due punti, suggerisco caldamente la lettura del libro la cui copertina e all'inizio di questa pagina, e che potete comperare qui: https://www.jouvence.it/catalogo/gli-ordini-cavallereschi-non-nazionali/ In esso sono contenute tutte le fonti che dimostrano quanto sopra.
Per quanto riguarda invece l'Ordine di Malta, devo trovare il tempo di reperire un po' di bibliografia.
Come si avrò modo di precisare ulteriormente, la nobiltà non è altro che un diritto e, come tale, assieme a tutti gli altri diritti di cui è titolare l'individuo, contribuisce a definirne lo status, il ruolo sociale, la posizione di questo nella collettività.
Ora, la scienza giuridica è, assieme all'economia, la regina delle scienze sociali, ossia di quelle discipline che non solo hanno il compito di descrivere la vita sociale degli uomini, ma inevitabilmente anche di regolarla secondo determinati principi. Ecco dunque che, fra tutte le scienze non esatte, diritto ed economia sono inevitabilmente condizionate dall'opzione morale di chi tali scienze contribuisce a "farle", sia esso il Presidente del Consiglio tramite l'iniziativa legislativa, un magistrato tramite le proprie sentenze, o un irrilevante giurista come chi scrive in questo momento tramite la propria dottrina.
E' importante capire questo irriducibile fondamento delle scienze sociali perché, al netto di qualunque impostazione retorica di pretesa indipendenza e terzietà, ciò spiega come esse non siano MAI NEUTRE, ma pesantemente condizionate - come detto - dalla impostazione morale e dunque filosofica di chi di esse si occupa.
Per fare un esempio che sia chiaro, è evidente che chi muove da una posizione morale di tipo elitista ed esclusivo si sentirà più a proprio agio in un contesto giuridico conservatore e non troppo democratico, e sarà attratto da una visione economia liberista che dunque favorisce l'arricchimento di pochi a discapito della maggioranza. Viceversa, chi muove da opzioni morali di tipo socialista e keynesiano tenderà a tratteggiare l'ordinamento giuridico in modo che garantisca la socializzazione del potere, tanto giuridico quanto soprattutto economico.
Ora, io non ho tempo né voglia di scrivere un trattato di filosofia del diritto, ma posso dire che negli anni che ho dedicato a studiare la materia oggetto di queste pagine mi sono fatto idee ben precise su determinati istituti giuridici fondamentali, idee naturalmente che riflettono la mia opzione morale di vita e dunque - come giurista - di quale debba essere il ruolo dello Stato e del diritto. Su molti di questi aspetti la dottrina degli "esperti" di nobiltà, ordini cavallereschi e fregnacce simili - sovente non giuristi, mi permetto di dire - va in direzione contraria a quello che vi dirò. Ma c'è chi, e non sono pochi, la pensa come me, soprattutto tra gli operatori del diritto che hanno la fortuna di non essere ammalati di nobiltà e dunque di non dover essere costretti a sostenere l'insostenibile solo perché serve a perpetrare l'esistenza di un ceto nobile in Italia.
E proprio perché chi vuole difendere per forza certe idee nobiliari muove da una precisa opzione morale, non lo si convincerà mai del contrario con semplici argomentazioni giuridiche. Questo non vuol dire che si tratti di una persona cattiva: in questi anni ho avuto la possibilità di conoscere da vicino persone squisite, corrette e scrupolose sostenitrici tuttavia di teorie nobiliari per me insostenibili per non dire rivoltanti.
Ho dunque deciso di esprimere le mie opinioni in questa pagina in maniera inusualmente apodittica in quanto qualunque argomento persuasivo che vada al di là della semplice spiegazione logica sarebbe del tutto inutile. Chi muove da una certa impostazione morale capirà, chi non capirà è perché ha scelto - anche solo per pigrizia o per paura, comunque sempre legittimamente .- un'altra impostazione di vita, dei rapporti sociali, insomma un altro modo di stare al mondo. Convincerlo del contrario è dunque compito non di un avvocato, ma di un maestro spirituale, e a quest'ultimo non potrei far altro che indirizzarlo, con i migliori auguri. Fornirò comunque in calce ad ogni voce adeguata bibliografia per chi avrò voglia di apprendere dalle fonti quello che vada dicendo, nonché sincerarsi del fatto che non solo il solo a dire certe cose.
Gli argomenti base credo siano essenzialmente tre:
- Il rapporto tra sovranità e nobiltà
Il redattore di questa pagina ritiene fermamente che la sovranità debba appartenere SOLO agli Stati,
Il perché lo capite vedendo questo video qui, che con la nobiltà non centra una fava ma vi fa capire a cosa serve la sovranità: https://www.byoblu.com/2019/04/02/ci-stanno-disarticolando-sara-una-guerra-lunga-e-dura-luciano-barra-caracciolo/
Detto in poche parole, solo se la sovranità appartiene esclusivamente agli Stati si può avere libertà di popolo, ossia la possibilità di decidere per noi stessi e per la dignità sociale della nostra nazione.
Detto questo, e siccome il potere di conferire titoli nobiliari e onorificenze cavalleresche è un attributo della sovranità, il curatore di questa pagina ritiene che SOLO gli Stati possono conferire titoli e distinzioni cavalleresche, ossia quei sistemi premiali che hanno un valore di diritto pubblico.
Qualunque deviazione da questo principio deve essere VIVAMENTE SCORAGGIATO DAGLI ESPERTI DI DIRITTO NOBILIARE e DURAMENTE REPRESSO COME UN ABUSO DA PARTE DELLO STATO, in quanto concorre a disarticolare l'esclusività del potere sovrano in capo ai singoli ordinamenti nazionali. Naturalmente parlo di sistemi premiali di diritto pubblico, ferma restando la totale libertà di farsi conferire qualunque altro sistema premiale purché senza riconoscimento da parte dello Stato. Sono dunque salvo scouts, massoni, consorterie varie.
- I diritti dei sovrani spodestati e dei loro discendenti a conferire titoli e distinzioni cavalleresche.
Il redattore di questa pagina, dopo uno spoglio pressoché integrale della manualistica italiana di diritto pubblico internazionale, e di una parte non irrilevante di quella estera, può dire in piena coscienza che NON ESISTE ALCUN PRINCIPIO DI DIRITTO INTERNAZIONALE SECONDO PER CUI AGLI EX RE E I LORO DISCENDENTI DEBBA ESSERE RICONOSCIUTA LA FONS HONORUM.
Chi sostiene il contrario, o è un romantico che crede ancora alle favole, o è un ignorante, o è un truffatore in mala fede. Le prime due categorie sono bene accette in questa pagina, che è fatta anche per loro. La terza che giri alla larga per favore.
Da questo si evince che non c'è alcun principio vincolante per lo Stato italiano a riconoscere - come implicitamente sta facendo adesso - alle famiglie ex regnanti italiane la potestà di conferire onorificenze cavalleresche. E mi riferisco a TUTTE le famiglie ex regnanti, abbiano esse perso il trono prima o dopo il Congresso di Vienna. Da questo punto di vista, PARI SONO.
L'affermazione giurisprudenziale di queste prerogative è una MEFITICA INVENZIONE DELLE NOSTRE MAGISTRATURE a partire dai primi del Novecento, unita ad una interpretazione assolutamente errata della legge n. 178 del 1951 sugli ordini cavallereschi.
In forza di ciò, qualunque titolo nobiliare o cavalleresco conferito da dinastie spodestate VALE ZERO, in quanto non in grado di incidere sullo status giuridico del ricevente, così come definito dall'ordinamento statale.
- La sovranità del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Il redattore di questa pagina ritiene che L'ORDINE DI MALTA NON SIA SOVRANO, ossia manchi dei requisiti minimi perché posa configurarsi come Stato e dunque possedere l'attributo della sovranità. L'Ordine di Malta ha perso la propria sovranità, estinguendosi come Stato, quando lasciò l'isola di Malta. Ciò che è venuto dopo non è altro che un ente di diritto canonico rivivificato quasi ex novo nell'Ottocento.
Dal punto di vista del diritto pubblico, l'attuale ente denominato Ordine di Malta è dunque soltanto un ente "sui generis" di diritto internazionale a cui alcuni Stati hanno voluto benevolmente riconoscere talune prerogative che usualmente si riconoscono nei rapporti tra enti sovrani, prerogative che beninteso potrebbero essergli tolte in qualunque momento senza violare alcun principio generale.
E siccome, per quanto si sia visto riconoscere una qualche forma di personalità giuridica internazionale, l'Ordine di Malta non è un ente sovrano, QUALUNQUE QUALIFICA NOBILIARE O CAVALLERESCA DA ESSO PROVENIENTE, IN QUANTO ENTE NON SOVRANO, E' DEL TUTTO PRIVA DI VALORE.
Questo riteneva uniformemente la dottrina giuridica europea finché, anche qui, una MEFITICA INVENZIONE DELLE MAGISTRATURE ITALIANE NELLA PRIMA META' DEL NOVECENTO non ha favorito l'affermarsi di una pressi contraria che, si badi bene, E' ANCORA OGGI CONTESTATA E PER NULLA PACIFICA IN DOTTRINA.
E questo vale vieppiù con il concludersi della vicenda afferente la riforma dell'Ordine nel settembre 2022. Le nuove Costituzioni affermano chiaramente la natura funzionale della sovranità melitense, strumentale al dispiegarsi degli scopi assistenziali dell'Ordine. Si deve quindi ritenere che per tutto ciò che esula tale ristretto ambito, sia oramai lo stesso Ordine a dichiararsi "non sovrano", e ciò vale anche per i riconoscimenti nobiliari ora pacificamente degradati ad attestazioni di un ordine religioso qualunque senza personalità internazionale alcuna in materia.
Per quanto riguarda i primi due punti, suggerisco caldamente la lettura del libro la cui copertina e all'inizio di questa pagina, e che potete comperare qui: https://www.jouvence.it/catalogo/gli-ordini-cavallereschi-non-nazionali/ In esso sono contenute tutte le fonti che dimostrano quanto sopra.
Per quanto riguarda invece l'Ordine di Malta, devo trovare il tempo di reperire un po' di bibliografia.