Ho appena scoperto, oggi 23 giugno 2021, qualcosa che può aggiungere valore al nostro discorso, e forse può far capire agli ottusi che l'accessibilità ai titoli nobiliari non solo per nascita dà corpo a un principio sommo di giustizia e di umanità.
Mi riferisco al caso della famiglia Assheton. Casato inglese di buona levatura appartenente alla gentry e impegnato nel servizio allo stato da generazioni, ottenne in persona di Ralph Hassheton il titolo di barone Clitheroe quale membro della Camera dei Lord e dunque pari del Regno. E questo non nel medioevo, ma nel 1955.
Qui la biografia del nostro: Ralph Assheton, 1st Baron Clitheroe - Wikipedia
Ora, come certamente sanno i miei eruditi lettori, solitamente le parìe britanniche vengono ereditate solo dal maschio primogenito del titolare, e dunque di norma gli ultrogeniti ricevono - loro, e i loro figli - il solo trattamento di esquire quale membri di una famiglia stemmata.
Dura lex, sed lex direte voi. Senz'altro, aggiungo io.
E tuttavia ci piace pensare che il buon Ralph, primo barone Clitheroe, oltre ad essere un abile e zelante servitore della Corona dovesse essere anche un genitore amorevole e sensibile se, conscio della cosa, si premurò che - oltre al suo figlio primogenito Ralph John - ereditasse qualcosa di "baronale" anche il suo secondogenito Nicholas.
Come? Ma semplice: comprando per quest'ultimo un titolo baronale scozzese.
Guardate la foto che ho caricato (anche in calce, per errore, e non riesco più a toglierla. Fa lo stesso...)
Si tratta di un ex libris appartenente al citato Nicholas, secondogenito del primo barone Clitheroe.
Lo si capisce che è il secondogenito non solo dal nome (qui la genealogia: Baron Clitheroe - Wikipedia ) ma anche dal crescente posto nel cantone destro dello scudo (qui le regole sulle brisure secondo la normativa araldica britannica: Cadency - Wikipedia ).
La cosa interessante è però lo chapeau baronale scozzese che sormonta l'elmo.
Praticamente non potendo essere barone e pari del Regno - titolo di spettanza del fratello primogenito - a Nicholas è stato fatto "arrivare" un titolo baronale scozzese che gli ha consentito l'utilizzo della medesima titolatura baronale del fratello primogenito, sebbene di diversa origine e qualità: barone pari del Regno il primo, barone feudale scozzese il secondo.
Una ricostruzione di fantasia, la mia? Forse. Non so quale baronia scozzese sia, nè conosco la data di acquisto. L'alternativa ad un acquisto paterno sarebbe che se lo sia comperato lui stesso per non essere di meno del fratello, o che lo abbia ereditato dalla madre forse scozzese. Ignoro i dettagli della vicenda, anche se la ricostruzione da me ipotizzata mi pare la più plausibile.
Resta il dato oggettivo di una famiglia inglese - e non scozzese - che ha fatto arrivare in qualche modo ad un secondogenito un titolo nobiliare liberamente acquistabile sul mercato, evitando così che vi potesse essere troppa differenza tra il fortunato primogenito e il secondogenito, cosa a cui evidentemente quest'ultimo teneva assai tanto da farsi qualificare con i corretti attributi araldico-nobiliari nel proprio ex libris.
E - lo ripeto - si tratta di una vicenda incorsa a metà '900. Praticamente l'altroieri.
Un caso di umanissima e legittima vanità. Quella umanità che più manca alle aristocrazie chiuse ed autoreferenziali.
Mi riferisco al caso della famiglia Assheton. Casato inglese di buona levatura appartenente alla gentry e impegnato nel servizio allo stato da generazioni, ottenne in persona di Ralph Hassheton il titolo di barone Clitheroe quale membro della Camera dei Lord e dunque pari del Regno. E questo non nel medioevo, ma nel 1955.
Qui la biografia del nostro: Ralph Assheton, 1st Baron Clitheroe - Wikipedia
Ora, come certamente sanno i miei eruditi lettori, solitamente le parìe britanniche vengono ereditate solo dal maschio primogenito del titolare, e dunque di norma gli ultrogeniti ricevono - loro, e i loro figli - il solo trattamento di esquire quale membri di una famiglia stemmata.
Dura lex, sed lex direte voi. Senz'altro, aggiungo io.
E tuttavia ci piace pensare che il buon Ralph, primo barone Clitheroe, oltre ad essere un abile e zelante servitore della Corona dovesse essere anche un genitore amorevole e sensibile se, conscio della cosa, si premurò che - oltre al suo figlio primogenito Ralph John - ereditasse qualcosa di "baronale" anche il suo secondogenito Nicholas.
Come? Ma semplice: comprando per quest'ultimo un titolo baronale scozzese.
Guardate la foto che ho caricato (anche in calce, per errore, e non riesco più a toglierla. Fa lo stesso...)
Si tratta di un ex libris appartenente al citato Nicholas, secondogenito del primo barone Clitheroe.
Lo si capisce che è il secondogenito non solo dal nome (qui la genealogia: Baron Clitheroe - Wikipedia ) ma anche dal crescente posto nel cantone destro dello scudo (qui le regole sulle brisure secondo la normativa araldica britannica: Cadency - Wikipedia ).
La cosa interessante è però lo chapeau baronale scozzese che sormonta l'elmo.
Praticamente non potendo essere barone e pari del Regno - titolo di spettanza del fratello primogenito - a Nicholas è stato fatto "arrivare" un titolo baronale scozzese che gli ha consentito l'utilizzo della medesima titolatura baronale del fratello primogenito, sebbene di diversa origine e qualità: barone pari del Regno il primo, barone feudale scozzese il secondo.
Una ricostruzione di fantasia, la mia? Forse. Non so quale baronia scozzese sia, nè conosco la data di acquisto. L'alternativa ad un acquisto paterno sarebbe che se lo sia comperato lui stesso per non essere di meno del fratello, o che lo abbia ereditato dalla madre forse scozzese. Ignoro i dettagli della vicenda, anche se la ricostruzione da me ipotizzata mi pare la più plausibile.
Resta il dato oggettivo di una famiglia inglese - e non scozzese - che ha fatto arrivare in qualche modo ad un secondogenito un titolo nobiliare liberamente acquistabile sul mercato, evitando così che vi potesse essere troppa differenza tra il fortunato primogenito e il secondogenito, cosa a cui evidentemente quest'ultimo teneva assai tanto da farsi qualificare con i corretti attributi araldico-nobiliari nel proprio ex libris.
E - lo ripeto - si tratta di una vicenda incorsa a metà '900. Praticamente l'altroieri.
Un caso di umanissima e legittima vanità. Quella umanità che più manca alle aristocrazie chiuse ed autoreferenziali.