Nel mio lungo girovagare tra nobiltà e ordini cavallereschi, più volte ho avuto modo di ascoltare aristocratici avventori di improvvisati cenacoli nell'atto di dare dell'oggetto "nobiltà" definizioni che, quand'anche logicamente conseguenti a determinate impostazioni di vita, da subito mi parvero tratteggiare personalità evidentemente oppresse da una certa visione razzista dell'esistenza, o purtroppo affette da gravi e conclamati disturbi narcisistici della personalità tali da suggerire la frequentazione di Centri di Igiene Mentale piuttosto che di ordini cavallereschi.
Così, un certo marchese forse un poco confuso in merito alle differenze che passano tra un cane di razza e un essere umano, ebbe a sostenere che la nobiltà era quel gruppo di uomini che costituiva, a seguito di selezionati incroci, "il meglio che l'umanità potesse produrre per il governo di se stessa e la corretta gestione delle cose terrene".
Una certa contessa, poi, in preda ad evidente delirio mistico-razziale, riteneva normale affermare pubblicamente che i nobili sarebbero "un ceto di eletti da Dio". Così come Gesù Cristo era di stirpe nobile poichè di schiatta davidica e dunque discendente da un re, parimenti tutti i nobili sarebbero, secondo lei, indistintamente e per diritto di nascita chiamati a comandare a causa di una oggettiva superiorità divina che, tra le altre cose, risulterebbe immediatamente evidente nel gusto superiore, nel garbo, nell'educazione oltre che nella fisionomia delicata e nel biondismo così frequenti, diceva lei, tra gli aristocratici.
Ora, senza dover fondare la definizione di un tema così importante su casi umani degni delle migliori cliniche psichiatriche, comunque un certo qual senso di superiorità per diritto di nascita è chiaramente, anche se pudicamente, presente in tutti coloro che ci tengono a frequentare la nobiltà facendone parte.
Al riguardo, Jan Francois Revel, commentando l'affresco della società parigina disegnato nei romanzi di Marcel Proust, ebbe ad usare parole definitive e assolutamente adattabili anche alla nobiltà di oggi, laddove si organizzano eventi, feste, cene e ricevimenti "che sono la totale inversione del principio della festa: consistono nel riunirsi per dedicarsi all'attività di essere cattivi gli uni con gli altri, ciascuno preoccupato di ottenere piccoli trionfi di crudeltà e di evitare per sé la crudeltà degli altri", dove "ciascuno si rallegra di essere presente quando un altro viene escluso", e dove "tutti passano il tempo a spiarsi nella speranza di assistere all'umiliazione di uno di loro". Questa dunque è la nobiltà, ieri, oggi e per i secoli a venire. Lo sappia chi vuole accostarvisi.
La percezione di sè stessi assolutamente trionfalistica risulta poi viepiù incrementata dal fatto che la loro posizione presuntivamente superiore è ottenuta per nascita, dunque senza sforzo, senza pericolo che sia loro tolta da chicchessia, e senza che qualcun altro estraneo alle famiglie "buone e giuste perchè nobili" possa secondo loro acquisirla stante il fatto che "la nobiltà oggi è un ceto chiuso".
Ma è davvero un ceto così "chiuso"?
Per risolvere il problema dobbiamo tornare al punto di partenza. Che cos'è dunque questa cosa così ben custodita, da molti desiderata, e ancor più invidiata, chiamata "nobiltà"?
Cosa sia la nobiltà è presto detto: la nobiltà è uno "status", ossia una particolare posizione giuridica , acquisita in vari modi, e da cui possono discendere diritti e doveri. E' dunque una posizione sociale, variamente riconosciuta e tutelata dagli ordinamenti giuridici degli Stati, al pari di una qualunque altra posizione sociale ritenuta dai legislatori degna di essere, se non protetta, quanto meno considerata.
Da ciò appare evidente, anche al primo sguardo, la natura per nulla mistica o supereroica del nobile. Spogliato dei propri falsi convincimenti di una presunta oggettiva superiorità, nobile è il più delle volte colui che ha ereditato certi diritti dal proprio avo senza merito alcuno, secondo precise leggi di successione, così come una qualunque persona può ereditare dal proprio padre una proprietà immobiliare, o una macchina, o un qualunque diritto rientrante nel patrimonio giuridico del proprio dante causa.
Allo stesso modo di un qualunque diritto, poi, lo status di nobile può essere acquisito in vari modi tutti parimenti legittimi e fondati. La modalità più frequente oggigiorno, almeno in Italia, come dicevamo è quella per via successioria dal proprio avo, stante anche l'incommerciabilità dei titoli nobiliari conferiti nel nostro Paese. Questo vuol dire che, quasi sempre, in Italia è nobile colui che eredita il titolo o lo status nobiliare dal proprio padre, o comunque da un proprio parente prossimo.
Altro caso di nobilitazione, in verità assai infrequente, è l'investitura di un titolo nobiliare "ex novo". da parte di un sovrano legittimo attualmente sul trono e dunque a capo di una nazione riconosciuta dal consesso degli Stati, come è il caso della Spagna, del Regno Unito, del Belgio, In questi casi il titolo è acquisito originariamente, senza il passaggio da un dante causa che non sia il monarca creatore "ex novo", in forza dei propri diritti sovrani, di un nuovo titolato.
La terza modalità di acquisto di un titolo nobiliare è, udite, udite, un regolare contratto di compravendita. In Scozia, infatti, si conserva ancora oggi quello che fu uno dei più diffusi modi di acquisto di un titolo nobiliare prima della Rivoluzione Francese, ossia la vendita da chi un titolo ce l'ha a favore di un acquirente che non lo ha, ottenendone il corrispettivo di una somma di denaro come contropartita della cessione né più né meno diversamente di come noi facciamo di solito quando comperiamo una casa, un bene mobile o un qualunque altro diritto su un qualunque oggetto. In merito a questa specifica modalità di acquisizione della nobiltà, troverete a breve su questo sito una pagina appositamente dedicata ad indicare chiaramente procedura, prezzo, e nominativi di intermediari a cui rivolgersi se intenzionati a procedere.
Quest'ultimo sistema di acquisto della nobiltà, seppur declinato in vari modi e con alcuni limiti e necessari assensi dell'autorità monarchica a seconda delle epoche e dei vari ordinamenti statuali, chiarisce ancora di più, qualora ce ne sia bisogno, che la nobiltà non è nient'altro che uno status, un diritto, una posizione considerata dall'ordinamento, che taluni acquisiscono alla nascita, mentre altri la conquistano nel corso della vita.
Inoltre appare evidente la stretta connessione tra l'acquisizione dello status di nobile e il necessario investimento di denaro per ottenere tale status. Lo ripetiamo: quando ancora l'aristocrazia era un ceto dinamico ed aperto, l'idea di comperare un titolo era del tutto normale, e non suscitava affatto le risatine ignoranti e le strizzatine di occhi già normalmente piccoli e inespressivi a cui sovente, oggi, dobbiamo assistere quando qualcuno afferma in pieno diritto di avere comprato un regolare titolo nobiliare. E ciò è tanto vero che, volendo tralasciare la diffusissima pratica della compravendita di titoli nobiliari negli Stati di Antico Regime, ancora nella più recente legislazione nobiliare del Regno d'Italia erano previste salatissime imposte di registro per l'uso dei titoli nobiliari, segno evidente che senza esborso di denaro il più delle volte non c'è nobiltà!
Volendo tirare le somme del nostro ragionamento, la nobiltà non è niente di mistico e, soprattutto, è qualcosa che ancora oggi si può comperare, al pari di come è stata comperata nei secoli passati da molte di quelle famiglie da cui provengono, magari senza saperlo, le "contesse" e i "marchesi" di cui parlavamo all'inizio.
Chiarito ciò, e diradate un poco le fitte brume dell'ignoranza e del razzismo, nelle pagine seguenti di questo sito verrà indicato come, oggigiorno, si può diventare nobile in maniera del tutto legittima e giuridicamente fondata.
Così, un certo marchese forse un poco confuso in merito alle differenze che passano tra un cane di razza e un essere umano, ebbe a sostenere che la nobiltà era quel gruppo di uomini che costituiva, a seguito di selezionati incroci, "il meglio che l'umanità potesse produrre per il governo di se stessa e la corretta gestione delle cose terrene".
Una certa contessa, poi, in preda ad evidente delirio mistico-razziale, riteneva normale affermare pubblicamente che i nobili sarebbero "un ceto di eletti da Dio". Così come Gesù Cristo era di stirpe nobile poichè di schiatta davidica e dunque discendente da un re, parimenti tutti i nobili sarebbero, secondo lei, indistintamente e per diritto di nascita chiamati a comandare a causa di una oggettiva superiorità divina che, tra le altre cose, risulterebbe immediatamente evidente nel gusto superiore, nel garbo, nell'educazione oltre che nella fisionomia delicata e nel biondismo così frequenti, diceva lei, tra gli aristocratici.
Ora, senza dover fondare la definizione di un tema così importante su casi umani degni delle migliori cliniche psichiatriche, comunque un certo qual senso di superiorità per diritto di nascita è chiaramente, anche se pudicamente, presente in tutti coloro che ci tengono a frequentare la nobiltà facendone parte.
Al riguardo, Jan Francois Revel, commentando l'affresco della società parigina disegnato nei romanzi di Marcel Proust, ebbe ad usare parole definitive e assolutamente adattabili anche alla nobiltà di oggi, laddove si organizzano eventi, feste, cene e ricevimenti "che sono la totale inversione del principio della festa: consistono nel riunirsi per dedicarsi all'attività di essere cattivi gli uni con gli altri, ciascuno preoccupato di ottenere piccoli trionfi di crudeltà e di evitare per sé la crudeltà degli altri", dove "ciascuno si rallegra di essere presente quando un altro viene escluso", e dove "tutti passano il tempo a spiarsi nella speranza di assistere all'umiliazione di uno di loro". Questa dunque è la nobiltà, ieri, oggi e per i secoli a venire. Lo sappia chi vuole accostarvisi.
La percezione di sè stessi assolutamente trionfalistica risulta poi viepiù incrementata dal fatto che la loro posizione presuntivamente superiore è ottenuta per nascita, dunque senza sforzo, senza pericolo che sia loro tolta da chicchessia, e senza che qualcun altro estraneo alle famiglie "buone e giuste perchè nobili" possa secondo loro acquisirla stante il fatto che "la nobiltà oggi è un ceto chiuso".
Ma è davvero un ceto così "chiuso"?
Per risolvere il problema dobbiamo tornare al punto di partenza. Che cos'è dunque questa cosa così ben custodita, da molti desiderata, e ancor più invidiata, chiamata "nobiltà"?
Cosa sia la nobiltà è presto detto: la nobiltà è uno "status", ossia una particolare posizione giuridica , acquisita in vari modi, e da cui possono discendere diritti e doveri. E' dunque una posizione sociale, variamente riconosciuta e tutelata dagli ordinamenti giuridici degli Stati, al pari di una qualunque altra posizione sociale ritenuta dai legislatori degna di essere, se non protetta, quanto meno considerata.
Da ciò appare evidente, anche al primo sguardo, la natura per nulla mistica o supereroica del nobile. Spogliato dei propri falsi convincimenti di una presunta oggettiva superiorità, nobile è il più delle volte colui che ha ereditato certi diritti dal proprio avo senza merito alcuno, secondo precise leggi di successione, così come una qualunque persona può ereditare dal proprio padre una proprietà immobiliare, o una macchina, o un qualunque diritto rientrante nel patrimonio giuridico del proprio dante causa.
Allo stesso modo di un qualunque diritto, poi, lo status di nobile può essere acquisito in vari modi tutti parimenti legittimi e fondati. La modalità più frequente oggigiorno, almeno in Italia, come dicevamo è quella per via successioria dal proprio avo, stante anche l'incommerciabilità dei titoli nobiliari conferiti nel nostro Paese. Questo vuol dire che, quasi sempre, in Italia è nobile colui che eredita il titolo o lo status nobiliare dal proprio padre, o comunque da un proprio parente prossimo.
Altro caso di nobilitazione, in verità assai infrequente, è l'investitura di un titolo nobiliare "ex novo". da parte di un sovrano legittimo attualmente sul trono e dunque a capo di una nazione riconosciuta dal consesso degli Stati, come è il caso della Spagna, del Regno Unito, del Belgio, In questi casi il titolo è acquisito originariamente, senza il passaggio da un dante causa che non sia il monarca creatore "ex novo", in forza dei propri diritti sovrani, di un nuovo titolato.
La terza modalità di acquisto di un titolo nobiliare è, udite, udite, un regolare contratto di compravendita. In Scozia, infatti, si conserva ancora oggi quello che fu uno dei più diffusi modi di acquisto di un titolo nobiliare prima della Rivoluzione Francese, ossia la vendita da chi un titolo ce l'ha a favore di un acquirente che non lo ha, ottenendone il corrispettivo di una somma di denaro come contropartita della cessione né più né meno diversamente di come noi facciamo di solito quando comperiamo una casa, un bene mobile o un qualunque altro diritto su un qualunque oggetto. In merito a questa specifica modalità di acquisizione della nobiltà, troverete a breve su questo sito una pagina appositamente dedicata ad indicare chiaramente procedura, prezzo, e nominativi di intermediari a cui rivolgersi se intenzionati a procedere.
Quest'ultimo sistema di acquisto della nobiltà, seppur declinato in vari modi e con alcuni limiti e necessari assensi dell'autorità monarchica a seconda delle epoche e dei vari ordinamenti statuali, chiarisce ancora di più, qualora ce ne sia bisogno, che la nobiltà non è nient'altro che uno status, un diritto, una posizione considerata dall'ordinamento, che taluni acquisiscono alla nascita, mentre altri la conquistano nel corso della vita.
Inoltre appare evidente la stretta connessione tra l'acquisizione dello status di nobile e il necessario investimento di denaro per ottenere tale status. Lo ripetiamo: quando ancora l'aristocrazia era un ceto dinamico ed aperto, l'idea di comperare un titolo era del tutto normale, e non suscitava affatto le risatine ignoranti e le strizzatine di occhi già normalmente piccoli e inespressivi a cui sovente, oggi, dobbiamo assistere quando qualcuno afferma in pieno diritto di avere comprato un regolare titolo nobiliare. E ciò è tanto vero che, volendo tralasciare la diffusissima pratica della compravendita di titoli nobiliari negli Stati di Antico Regime, ancora nella più recente legislazione nobiliare del Regno d'Italia erano previste salatissime imposte di registro per l'uso dei titoli nobiliari, segno evidente che senza esborso di denaro il più delle volte non c'è nobiltà!
Volendo tirare le somme del nostro ragionamento, la nobiltà non è niente di mistico e, soprattutto, è qualcosa che ancora oggi si può comperare, al pari di come è stata comperata nei secoli passati da molte di quelle famiglie da cui provengono, magari senza saperlo, le "contesse" e i "marchesi" di cui parlavamo all'inizio.
Chiarito ciò, e diradate un poco le fitte brume dell'ignoranza e del razzismo, nelle pagine seguenti di questo sito verrà indicato come, oggigiorno, si può diventare nobile in maniera del tutto legittima e giuridicamente fondata.